L’uscita del film di Wonder Woman ha portato il personaggio ad una nuova universalità, una rinnovata notorietà che le è sempre stata congeniale, perchè personaggi come Wonder Woman non ne esistono.
Chissà cosa ne avrebbe pensato il suo creatore: William Moulton Marston.
William Moulton Marston è tuttora una figura affascinante per gli svariati interessi che portò avanti nel corso della sua vita. Per parlare della sua più celebre creazione, che non è la macchina della verità, si deve innanzitutto partire da lui e dal suo modo eclettico di vedere il mondo. Psicologo laureato in legge , ma dottorato in psicologia (cosa che li pone sempre un paio di passi indietro rispetto alla concorrenza europea), da un punto di vista lavorativo è chiaro afferisse a quella scuola di pensiero assai in voga negli States dagli anni ’20 in poi chiamata Comportamentismo. In breve per i comportamentisti, si elimina tutto ciò che è stimolo endogeno nel comportamento umano e si da importanza ai fattori ambientali come fattori primari nello sviluppo della personalità e nella formazione dell’agire dell’uomo. Non esistono istanze interne, o meglio, non sono misurabili da un punto di vista scientifico e quindi non sono considerate. Negli anni successivi questo modo di vedere il comportamento umano subì notevoli critiche soprattutto per quel che riguarda lo studio delle motivazioni all’azione che comportano un misurabile e chiaro moto interno. Il Comportamentismo era chiaramente uno di quegli indirizzi post-positivisti che dominavano l’inizio del secolo scorso e che ponevano la ripetizione dell’esperimento come chiave nella spiegazione dello scibile. Quello che affascina di più è invece il profilo di una delle creazioni più famose e iconiche del ventesimo secolo: Wonder Woman. La genesi conscia è notoria: Negli anni ’30 e ’40, le grandi aziende di solito chiedevano a personale specializzato un’analisi dei loro prodotti dal punto di vista sociale e psicologico. Marston, fu chiamato ad analizzare i fumetti dalla DC Comics al fine di valutarne potenzialità e mancanze, possibilità e posizionamento. Marston notò la mancanza di eroi donne. Rest is History. La Dc lo incaricò di creare un personaggio supereroe donna e lui si applicò: Wonder Woman.
La cosa che mi affascina è che quando butti fuori qualcosa dalla porta, ti rientra dalla finestra. Infatti ciò che si rifiuta fortemente in realtà attira in maniera inconscia. Gli elementi rifiutati infatti ricompaiono nelle manifestazioni creative degli uomini. Marston era un personaggio sui generis, nel senso che aveva una moglie ed un paio di figli ed una amante ed un paio di figli. Tutti vivevano felici e contenti sotto lo stesso tetto. I figli di secondo letto erano stati riconosciuti e, pare, non ci fossero rivalità tra la moglie convenzionale e quella “di rinforzo”. Molto spesso gli psicologi riescono a mascherare questi strani incroci come istanze interne da soddisfare; in nome di questo molto spesso si tende a superare quella linea etica che rende il lavoro clinico assai delicato. Freud avrebbe parlato di una relazione controtransferale complicata , ma neanche lui pare fosse esente dal fascino delle pazienti e delle allieve nonostante una visione della funzione comportamentale assai ampia. Marston, da buon comportamentista avrebbe dovuto rifiutare le cosiddette istanze interne, ma appunto, quello che fai uscire dalla porta rientra dalla finestra. Wonder Woman risente molto delle sue idee, come quella della chiara superiorità della donna sull’uomo (tanto superiore che ne doveva avere almeno due evidentemente), dotate di una intelligenza superiore e di una capacità di adattamento migliore di quelle del maschio.
Al di là della notoria genesi del personaggio, però, si nasconde un lato oscuro e più insidioso che porta Wonder Woman ad essere il personaggio femminile più amato dagli uomini. L’uscita del fumetto fu un successo impressionante e nonostante tutte le pieghe prese nelle sue storie, la continuità di vendita ha sempre assicurato all’amazzone un posto di rilevo tra i primi 10 personaggi dei fumetti di tutti i tempi. Si è molto parlato dei presunti messaggi sessuali contenuti all’interno delle pagine dell’eroina, ma quello che sfugge è altro. E’ notoria la polemica tra Marston ed il suo editor per le tante scene modello bondage in cui la fanciulla figlia di Ippolita si trovava. Le scene possono però prestarsi ad una seconda interpretazione. È possibile che tutte le volte che Wonder Woman si trovasse legata come un salame, si volesse far riferimento alla condizione della donna ed alla notoria immagine della femmina incatenata dal maschio che la vuole soggiogare. In evidenza infatti, il lettore non aspetta l’atto di sottomissione, ma la sua liberazione dalle catene oppressive ed il ribaltamento della posizione primaria al fine di ristabilire l’ordine naturale, ovvero, quello in cui la donna è superiore al maschio. Diana infatti si libera sempre dal giogo dell’uomo e ribadisce la sua superiorità. Gli stessi braccialetti, retaggio dell’antica schiavitù al dio Marte, vengono tenuti come simbolo dell’elezione femminile e usati come strumento di difesa che la donna usa contro l’uomo. Ella quindi mostrerebbe il senso di colpa iniziale che l’uomo dovrebbe avere nell’averla soggiogata e come questo si ritorce contro il maschio schiavizzatore.
È una donna ritrovata, tipica espressione dell’immaginario femminista, che liberatasi dalle mille prove della propria sessualità ne esce come dominatrice. Attenzione anche a questo aspetto. La sua azione dominatrice non si configura solo come una dimostrazione di superiorità fisica, ma anche morale. Wonder Woman, nelle prime apparizioni, non infierisce mai, ma lascia che l’uomo senta la sua superiorità ed accetti il suo essere subalterno e non inferiore. In questo ella dimostra la propria superiorità affettiva che la pone come irraggiungibile. È il superamento della posizione del supereroe classico che pone nel duello la parte centrale del proprio essere: sono superiore perché sono più forte. Wonder Woman invece si fa riconoscere superiore. Ma quale è il metodo che usa l’amazzone per ribadire la propria superiorità. Gli indizi sono nascosti ovunque e non vengono mai sbandierati. La potenza di Wonder Woman è in altro, in ciò che non si vede. I braccialetti sono anche il simbolo dinastico del ricordo della sua sottomissione e della sottomissione di tutto il genere femminile. In questo Diana trova l’umiltà delle sue origini ed il proprio retaggio, al tempo stesso ella è la genesi finale del mondo del femminile, la punta di diamante di una dinastia femminile.
Ella è il prodotto della volontà delle donne ed in essa bilancia quei valori che si attribuiscono al sovrano illuminato, primo fra tutti, la “Pietas”. Diana è il prodotto finale dell’umanità stessa. Ma c’è di più. La maturità fisica, sessuale ed affettiva la pone ad un livello trascendente rispetto agli altri. lo stesso Superman non può essere al suo rango, eppure le viene negata la maternità. Uno degli aspetti fondamentali del Femminile, ovvero la possibilità di essere funzione di conservazione della vita, le viene apparentemente bloccato. Qui l’inganno. Quando Marston crea Wonder Woman non sta solo creando un personaggio iconico nel senso assoluto del termine, ma sta ricreando una forma idealizzata della femminilità Materna: una maternità trascendente tanto quanto quella della Madonna e perciò per definizione, VERGINE. Wonder Woman è in questo l’assoluto rigenerativo che non accadendo mai è sempre pura ed è universale. La tradizione della sacralità della maternità e del segreto della conservazione della vita è ampia e antica quanto la genesi della vita stessa. La tradizione legata al mito della Grande Madre è comune in tutte le culture del mondo tanto da far parte dell’ontogenesi della vita stessa e probabilmente correlata inscindibilmente. Wonder Woman porta con se forti elementi di maternità: al di là del suo atteggiamento sempre estremamente superiore, una manifestazione fondamentale è il suo lazo. Ho sempre pensato fosse uno strumento Bondage, ma a leggere meglio tra le righe si può notare che la funzione primaria non è quella di legare, ma quella di far confessare la verità. In senso stretto esso è il cordone che lega la madre al figlio e con il quale la madre stabilisce un legame simbiotico, affettivo e trascendente rispetto ai sensi che non può essere spezzato e che permette alla madre di conoscere istintivamente i desideri ed i bisogni del bambino. Gli uomini non possono resistere alla potenza di tale arma perché fondamentalmente schiavi della relazione primaria con l’oggetto materno e con le relazioni differenziate che il maternage comprende.
Il lazo ristabilisce una condizione primaria in cui colui che è legato è reso subalterno al desiderio materno ed in esso non può negare se stesso. Wonder Woman, nei suoi aspetti fortemente dominanti, suscita istanze profonde e fortemente complesse che spesso generano una commistione di pulsioni in cui si mischiano autoerotismo, bisogno di protezione, seduzione e affettività negate ed in cui si possono mascherare i desideri più reconditi tali da rendere il personaggio unico e superiore agli altri. Nessuna altra supereroina ha una dimensione così complessa. È probabile che quando Marston stesso parla di superiorità femminile sta consciamente o inconsciamente parlando di proprie istanze antiche e ambigue in cui poter espletare la propria funzione negata. Sarebbe stato interessante conoscere i rapporti dello psicologo con i propri genitori, soprattutto con il maschile.
Wonder Woman pone infatti un vuoto d’analisi, una mancanza di elementi che non può essere ricondotta al personaggio stesso, ma afferisce ad un insieme di significati antichi e complessi in cui ci troviamo tutti profondamente ed intimamente legati. L’alter ego di Diana Prince è il personaggio più complesso e difficile da comprendere perché le istanze che lo compongono fanno riferimento ad Altro ed ogni tipo di comprensione della sua dimensione può essere un tentativo riduzionistico volto a ridurre la ricchezza del prodotto di William Moulton Marston e quella tradizione di cui facciamo parte, volenti o nolenti, tutti.