Controversy Creates Cash

L’ho letto. Mi ci sono messo. Ci sono stato parecchio. Ha qualcosa di non comune Zerocalcare. Si fa leggere con una facilità che è tipica di chi sa come impostare una pagina. Questa è roba che non si insegna: saper raccontare.

armadillo

Non importa se ci si trova a farlo in un fumetto, in un libro in un quadro o in una performance, saper raccontare vale il prezzo del biglietto. Qualche anno fa ci stupimmo del cachet dato a Roberto Benigni per il racconto dei Dieci Comandamenti. In una Italia legata al facile allarmismo ed ai mille capitani di ventura che promettono salvezza perenne, sembrava ovvio criticare mamma Rai di aver dato, in tempi di crisi, tanti soldi a qualcuno per un racconto che pare tutti conoscano bene vista la natura cattolica della popolazione. Ma qui è la questione.

Gli ultimi studi dell’Ocse parlano chiaro: “[…]Per quanto riguarda le capacità espressive e linguistiche l’Italia (27,7%), insieme alla Spagna (27,5%), è agli ultimi posti della classica. […]Gli italiani (31,7%) sono gli ultimi della classe anche nel ‘far di conto’, insieme a spagnoli (30,6%) e statunitensi (28,7%), mentre i primi della classe sono giapponesi (8,2%), finlandesi (12,8%) e cechi (12,8%)”. La cosa interessante è che ci viene attribuito il 70% dei beni culturali del mondo. Benigni non fa un lavoro di racconto soltanto, ma di trasduzione di una risorsa volgarizzandola e rendendola disponibile a tutti al di là della struttura biblica che la rende per definizione ermetica. La serata porta 9 milioni di persone a seguire il racconto. Benigni rende fruibile qualcosa che è dogmatico. Piace a tanti, circa ad 1/3 del pubblico televisivo. Ma ci si sofferma su quanto gli hanno dato. Sfugge quindi la cosa importante: qualcosa che tutti sanno, che tutti danno per scontato, che c’entra poco con la prima serata di Rai Uno, viene seguita da circa 1/5 degli italiani. Gli italiani sono sempre gli stessi dei dati Ocse però. Qui la capacità di Roberto Benigni di guadagnarsi ogni santo centesimo. Saper raccontare non è da tutti. molto pochi sono quelli che si possono fregiare di una capacità oratoria tale da rendere lo scontato, straordinario. Questo vale il prezzo del biglietto. Rendere la cultura, l’esperienza, la storia, disponibile a tutti. La scuola non lo fa (e non l’ha mai fatti se non i rarissimi casi), l’università si trastulla l’organo nel suo vuoto narcisismo da Ancien Règime, la famiglia spesso demanda ad altri (non sempre), sostituendo alla crescita individuale il pagamento del mutuo. Da qualche decennio anche la stessa arte ha smesso di trasmettere qualcosa perdendosi dietro frustini e vampiri ambigui, performance fini a se stesse ed una necessità spiccata di giustificare se stesso in uno slancio Epicureo.

In tempi di tempesta ogni buco è porto come disse Rocco Siffredi, che in una società di Viagra ha assunto la dignità di Pasolini nelle sue massime. Zerocalcare è un porto. Quasi tutta la sua produzione si fa leggere con una facilità tipica di chi sa raccontare.

Zerocalcare-Kobane-2

Solo questo vale il prezzo del giornalino. Certo forse sarà l’evoluzione del simbolo, la sua trasformazione, ma le storie di Zerocalcare non raccontano nulla di nuovo. Sembrano quasi romanzi autobiografici con qualche graffio di  unicità. A metà degli anni ’90 venni folgorato da Enrico Brizzi e dal suo “Jack frusciante è uscito dal gruppo”. Mi piaceva da morire quel modo pulp di scrivere, pieno di riferimenti infantili anni ’80. Ermetico per chi non aveva 10 anni nel 1980. Sgrammaticato e semplice con pagine veramente poetiche. Ma poi nulla che non fosse stato già fatto. Mi piaceva la capacità di raccontare (poi un pochino persa dietro alla necessità di autocitarsi negli altri libri). Non ho mai capito se la tipa se la fosse ripassata, ma poco importava. La corsa finale in bicicletta era roba forte.

Zerocalcare ha questa dote. Le prime opere mostrano tutto questo. Zerocalcare tiene talento. Autocelebrativo di rimessa, simpaticamente controtendenza nella tendenza, con una buona capacità di autocritica sinanco ad avere il coraggio di gettarsi in tutte le sue inadeguatezze con un coraggio che pochi hanno, persi dietro l’assegno che gli arriva regolarmente a fine mese dopo anni da fame.

Ma il peggio che gli poteva capitare è quello di essere divenuto una specie di icona (suo malgrado) contemporanea tale da muovere le colonne dei giornali nazionali (già abbastanza sintomaticamente colpiti dalla incapacità di essere originali). Per quanto egli rifiuterà per tutta la vita ogni definizione, ormai va di moda e questo gli potrebbe impedire la prima cosa fondamentale per chi racconta: Evolvere la propria intimità.

Chissà se ha capito che il chiaro rifiuto della giacca con le iniziali ed i gemelli, lo ha fatto diventare un prodotto di tendenza tanto quanto 50 sfumature di grigio. Quel suo look non look, quel modo di graffiare la tavola, in maniera scorretta e sporca, ma così dinamica, quel suo vago citare Andrea Pazienza mascherandolo con il nichilismo di Joe Strummer, molto più ricercato del nichilismo di Johnny Rotten o di una versione del giovane Holden post punk, quei riferimenti stile Sonny Curtis mischiati con lo straight edge: una coincidentia oppositorum tipica dei prodotti iconici del terzo millennio stile salotto di Serena Dandini. Nonostante tutto il mainstream gridi alla maturità dell’autore, non è chiaro se l’evoluzione sia quella di scappare dalle definizioni altrui condizionate da un mercato editoriale asfittico. Prendo come esempio “con il cuore a Kobane”.

internazc

…evviva il comunismo e la libertà…

L’ho letto tutto d’un fiato. Solita magistrale conduzione del racconto. Ti porta a pisciare senza rendersene conto. Dialoghi efficaci, ben scritti. Ma poi più andavo avanti e mi dicevo… 31 anni? A quando una famiglia? Ma poi ho capito che la famiglia non c’entrava. Le altre storie che avevo letto non erano così ridondanti, così celebrative, così partecipate e non vissute. Dentro le vignette c’era lui, il suo malessere, le sue aspettative, ma erano dentro un impianto infantile, un racconto ben fatto, non certo di grande originalità, in cui si pone in luce critica lo sviluppo di una personalità complessa. In questo Zerocalcare citava indirettamente quel magico filone dei grandi autori anni ’60 e ’70, la loro presa di coscienza, la loro libera espressione e gli spazi che venivano gestiti con una crescita continua. Non solo Andrea Pazienza, ma Magnus. Ma poi Kobane. Ed allora mi sono chiesto cosa mi mancasse per sentirlo. A 31 anni Zerocalcare ha fatto sicuramente tante esperienza, ma manca una in particolare: 12 mesi da militare. Fare il militare non vuol dire marciare o sparare o stronzate del genere. Fare il militare con la leva obbligatoria  significava perdere per 12 mesi la propria libertà. Perdere la propria individualità, entrare in uno schieramento ed essere un numero. Niente icone o sprazzi di espressione. Ricordo ancora nitidamente la sera in cui arrivai a Viterbo quasi 15 anni fa. Ricordo il piazzale e le centinaia che eravamo. Ricordo un Aviere scelto VAM (corpo speciale Aeronautica Militare), uno che era lì a fare l’istruttore. Ricordo le sue parole senza scampo. Per articolo costituzionale eravamo costretti a farci 10 mesi di qualcosa di ingiusto. Notai il tono della voce anche rassegnato. E notai quel :  “quindi rassegnatevi”. Nella mia famiglia tutti abbiamo “servito”. Mal volentieri.

syria-ypj-fighters-in-kobane

Felici di andare a morire

Anzi, assolutamente controvoglia, ma nessuno ha mai pensato al “servizio civile” neanche quando ci fu la possibilità; certe esperienze servono a capire la bellezza della scelta repubblicana e soprattutto la libertà, quando ti viene tolta. Ci devi stare nella impotenza, nel tentativo di imboscarsi, di scappare sapendo che non lo puoi fare, che ci saranno conseguenze serie. Ma questo Zerocalcare dimostra di non poterlo provare quando deve andare a Kobane a “vedere” come si sta senza libertà, senza possibilità di scelta. E quel diagramma nel suo cervello che spiega il motivo della sua scelta di andare a vedere l’iniquità grida vendetta. Quello che realmente manca e che sembra comparire copioso in taluni esponenti della nuova generazione 20-30 anni in  tutti quelli (pochi per fortuna) che sfondano un ATM durante una pacifica e sacrosanta manifestazione, o che criticano senza avere soluzioni, o ai malati cronici che annunciano l’avvento del complotto mondiale. Certe cose non si fanno per solidarietà, ma per ragioni personali che non perseguono i grandi ideali. Partecipare al reality della guerra. In uno stato di assoluto visione, consapevole di “sapere” quello che anche Jung “sapeva”, Hillman scrisse il saggio “Un terribile amore per la guerra”, in cui c’è tutto quello con cui Zerocalcare graffia sul foglio in maniera mirabile. Alla fine la sua “scoperta”, l’”eureka” della sua epifania resta a qualche centinaio di metri da se… la guerra vera.

Non quella che egli copre con il cuore nel cervello. E risuonano vecchi reframe di propaganda estremista. Il bruto opposto all’eroe, l’iniquo alla solidarietà, la perfetta società di Kobane alla tirannia dell’Isis. Retorica bellica in cui si invischia senza ritegno, dando forma al sacrificio eroico di quelli che dovrebbero essere le forme ultime del super uomo di Nietzsche, che combattono per il bene contro l’oscurità del male.

ypj-serekaniye-599x275

I primi a far entrare le donne nell’esercito ? la Libia di Gheddafi e la Russia di Stalin… etica del sacrificio e retorica della morte

Ed alla fine la scelta è quella delle spinte totalitarie: noi facciamo una guerra necessaria. Una guerra quasi santa. Laicamente santa, ma anche il laicismo ha i propri santi. Ci racconta la buona novella convertendosi all’etica del nuovo partigiano. Ed il pericolo è che dentro tutto questo non si riconosca l’oscura simmetria. Guerra santa quella dell’Isis, guerra laicamente santa quella dei Kurdi (cosa che in realtà appare proprio diversa giacchè i Kurdi combattono da centinaia di anni per altro non solo contro l’Isis). Ed in tutto questo mamma Usa ci dovrebbe mettere le mani. Riaggiustare i torti. Si sente la mancanza di radici prossime e una chiara involuzione che ha qualche risvolto drammaticamente di tendenza. Si sente la logica del social network, dell’etica del buono e della sciagura del cattivo laddove questa non appartiene più neanche a chi aveva cowboys ed indiani.

posada9

E dunque si può essere fanciulli a vita, giacchè è quello che taluni fumettisti sono, purchè lo si sappia. Purchè non si adducano le scuse più in voga mascherandole da giustizia e solidarietà. Crescere fa male. Si rischia di far ingrassare gli armadilli o di vedersi come l’unico con un volto umano ed infine magari perdere uno straordinario talento, o almeno qualcosa di quello straordinario talento, accettando la responsabilità che non tutto finisce bene. Per cui L’unica via di crescita e di evoluzione probabilmente oggi è rappresentata da quello che Zerocalcare dice di rifiutare categoricamente. Uscire dall’icona che gli hanno cucito addosso e accettando un lavoro commissionato presso una casa editrice, un bel Tex. cyrano-de-bergerac__120823224226Confrontarsi con il cartellino e poi scegliere di uscirne consapevolmente per rivelare tutta la sua sfacciata e reale superiorità di visione del mondo e quel modo abbacinante di disegnare la sua società, accettare che la guerra finisce solo quando ti rendi conto di averla dentro e che gli eroi muoiono giovani, come Paz o cento anni prima, Rimbaud.

Giovani in a Blaze of Glory emuli di Cyrano col feltro per traverso.
Fabrizio Mignacca Per pagare il mutuo, fa lo psicologo psicoterapeuta con indirizzo gestalt analitico, consulente di tribunale ,collabora con alcuni settimanali nazionali , saggista, ma soprattutto fumettaro e quando il governo deciderà di pagarlo per questo smetterà di fare le altre cose.

Un pensiero su “Controversy Creates Cash

  1. Troppi lungo leggerò a tappe. Benigni pur riconoscendone il lavoro politico culturale nn mi ppiace ma è blasfemo dirlo dogma nel dogma dei Comandamenti. Se un “Pallonaro” guadagna milioni nn mi scandalizzano i soldi dati a Benigni. In pubblicità saranno sicuramente rientrati. A me agnostica tutta l l’enfasi posta nell interpretazione ha urtato.
    Ho cambiato o chiuso così come ora mi fermo come fosse una tappa.
    Sherallaproxxx

Lascia un commento